Workshop sul ritratto tipologico fotostenopeico
Guardando l’immagine di qualcuno ritratto ciascuno di noi individua un’alterità, il protagonista di un’altra storia, ciò che non si siamo o ciò che vorremmo essere. Il ritratto è un elemento costante ed ineludibile dell’identità e della storia dell’Occidente: santi e regnanti si raccontano e ci raccontano la nostra cultura, i suoi miti e i suoi eroi. Poi arrivano gli artisti moderni con loro gli autoritratti. La fotografia fa il resto.
Il bisogno di lasciare un’immagine di sè appartiene ad ognuno di noi: il nostro corpo è ciò che dice chi siamo, la postura e la mimica raccontano cosa proviamo.
Quello del ritratto è un itinerario di esperienze fortemente sentito, soprattutto dai bambini o dai giovani con diverse abilità, poiché fa riferimento alla storia personale e all’identità. Il riconoscersi e differenziarsi nel gruppo è ciò che si impara man mano che si sviluppano relazioni sociali complesse. Riconoscere e rappresentare la propria immagine ci aiuta a conoscere noi stessi e a scoprire gli altri, simili e diversi da sé.
Il laboratorio è stato un momento di gioco e scoperta attraverso il quale attivare numerosi processi: noi abbiamo utilizzato il ritratto tipologico. Abbiamo scelto i costumi, cercato il personaggio (talvolta reale, talvolta immaginario), scelto la posa per poterci raccontare in modo indiretto attraverso le immagini.
Pose lunghe e macchina a foro stenopeico: siamo rimasti immobili per dieci minuti nei panni di un altro, travestimento che infine è divenuto la nostra storia, capace di raccontare di noi quello che le parole non dicono.
Ma con il ritratto si può fare anche di più: il primo piano rivela le nostre emozioni, quelle dichiarate ma anche quelle meno esplicite. E’ un mondo da scoprire.
Laboratorio di ore 8.
Febbraio 2016, Arezzo